Fonte: Il Mattino
di Alessandra Pacelli
Il mistero della natura che si fa paesaggio – dettaglio di un paesaggio allo stesso tempo reale e immaginario – in una narrazione che si rivela lentamente, con dolcezza e struggimento. E il gesto dell’artista che tutto questo ricrea, piega alla sua emozione, lasciando che il segno ricomponga il mondo in nuove possibili visioni. Stefano Arienti per la sua prima personale a Napoli arriva a Casamadre, la galleria di Eduardo Cicelyn dove inaugura domani (ore 19.30, piazza dei Martiri 58) una mostra di opere recenti che prendono origine da fotografie quasi tutte realizzate tra Napoli e Capri (cui si aggiungono alcuni scorci di paesaggi lombardi). «Sono scattate con semplicità, in tema con l’iperproduzione d’immagini dei nostri giorni in cui, con la rivoluzione digitale, tutti hanno dimestichezza con la fotografia» spiega l’artista, che su queste immagini poi interviene dipingendo i riflessi che la luce del giorno vi proietta su.Il ciclo di lavori si chiama «Meridiane», perché Arienti in qualche modo disegna lo scorrere del tempo, tratteggiando le orme che la luce lascia a seconda dell’ora, a seconda di come la fotografia viene esposta ai raggi del sole che filtrano dalla finestra del suo studio. «Lontano dall’idea dell’artista accademico, mi sento più vicino al pittore impressionista che dipinge en plein air» dice ancora Arienti, che racconta di come in precedenza la luce gli abbia ispirato opere astratte, e di come invece solo nell’ultimo anno abbia incontrato le sue fotografia di grande formato dando vita a queste nuove opere. Il tema è la natura, ma non quella dei boschi selvaggi piuttosto una natura addomesticata, urbana, con la presenza di elementi umani: lo squarcio di una finestra, un blocco di cemento ai piedi di un albero, una pianta dentro una giara, un tavolo di marmo in un giardino. Elementi che testimoniano la nostra presenza nel mondo.L’artista sembra voler fermare l’attimo fuggente, non i grandi eventi ma il poco che accade di continuo, i quasi niente che se sommati insieme costituiscono l’universo. E poi c’è il mare: «È la prima volta che faccio una mostra a Napoli e il mare è l’elemento di natura urbana più presente in questa città». Ed ecco allora la foto di una grande superficie marina le cui onde sono catturate-riquadrate dal reticolo di segni che l’artista ha tracciato, sempre seguendo le suggestioni dei fasci di luce.La dimensione dello scorrere del tempo è data anche dalla scelta delle immagini che propone un avvicendamento delle stagioni: «Sì, c’è l’estate nelle fotografie scattate a Capri, la primavera nel giardino a Posillipo dei Rivelli, e ci sono gli inverni in Lombardia», racconta Arienti, spiegando anche quanto conti per lui l’analisi divisionista della scomposizione dei colori, e di quanto sia presente la lezione di Segantini, suo pittore di riferimento. «Questa è una mostra che amo perché è molto pittorica», confessa. In alcuni casi l’intervento del disegno risparmia dettagli dell’immagine che prendono così più risalto nello spazio, diventano autonomi e sembrano intessere un proprio dialogo con lo spettatore. Come un tuffo di gerani rossi quasi tridimensionali che paiono uscire fuori dall’opera. «La mia formazione è legata alla terra – dice ancora l’artista – sono di famiglia contadina e sono laureato in Agraria. L’arte l’ho studiata per conto mio ed è diventata la mia professione. Ma l’amore per la natura rimane in me, forte e tenace».