Quest’ ultimo, maestoso volume edito da Marzio Grimaldi e affidato alle cure di Lucio Fino sulla Capri tra ricordi di viaggio e vedute, dal XVII al XIX secolo (pagine 212, 115 euro, 150 illustrazioni rare, tiratura limitata, anche in edizione inglese).
Sembra incredibile poter ancora scovare angoli e riproduzioni sconosciute, ricordi privati e dipinti mai riprodotti, eppure Fino, gran maestro di cerimonie del culto del Grand Tour, riesce ancora una volta a stupirci con questa nuova collezione di itinerari inediti e incontaminati e con riproduzioni rare legate a quella letteratura di viaggio che sì, in età romantica, riesce a superare i confini del turismo tradizionale, ma che nei due precedenti secoli, il Sei e il Settecento, ha lasciato scarse tracce dei suoi percorsi nella penisola sorrentina, in Costiera e appunto a Capri. La fama «mondana» dell’ isola del Golfo in età romana, grazie al lungo soggiorno dell’ imperatore Tiberio, era stata progressivamente oscurata da altre località, fino a ridurre Capri a un «ammasso di rocce» lontano dalle grandi rotte. Il primo a sbarcarvi con un buon grado di consapevolezza fu nel Seicento il francese Jean Jacques Bourcard, e poi nel Settecento si contano ad appena una ventina i viaggiatori che vollero visitarla su sollecitazione di letture classiche di Tacito e Svetonio. La «scoperta» di Capri data dunque dall’ 800, quando la fama, oltre che per il clima dolce e la natura integra, dilaga grazie alla scoperta della Grotta Azzurra, divulgata anche da un romanzo di Hans Christian Andersen.
Sono i decenni in cui Capri, come ricorda Fino, esce dal suo letargo secolare e diventa punto di riferimento anche di artisti e letterati sedotti dalla sua bellezza e troppo spesso schiavi di facili stereotipi. Più tardi, verso la fine dell’ Ottocento, a rinnovarne il mito arriveranno studiosi, scienziati, ricercatori, da Dohrn a Munthe, che formeranno una vera colonia di intellettuali su cui già molto si è scritto. Proprio per questo Fino si ferma un passo prima, e difficile sarebbe dar conto di tutti i nomi evocati, da Joseph Addison a John Singer Sargent. Nelle splendide riproduzioni del volume non mancano infatti grandi nomi come Gregorovious, Hackert e Jean-Baptiste Camille Corot. Ma molti sono anche i celebri illustratori di cui abbiamo perso le tracce e che invece Fino riesce a ritrovare nel segno di una «grande bellezza» che è anche una confortante visione etica dell’ esistenza.
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