di Luigi Lembo
La vita degli amministratori locali si sa, non è per niente facile, specialmente in un periodo come quello attuale in cui sono necessarie scelte coraggiose e difficili. Và detto però che anche in passato le difficoltà non sono state da meno e soprattutto incredibilmente non dissimili a quanto succede tutt’oggi. In un polveroso faldone dell’Archivio di Stato di Napoli, precisamente nel fondo Prefettura, Archivio amministrativo, busta 318 è contenuta la storia di un fatto avvenuto 160 anni fa relativo proprio alla nostra Isola. Capri all’epoca non era l’odierna opulenta località turistica, ma uno scoglio poverissimo, i cui abitanti (2.559 anime così come rilevato dal primo censimento della popolazione effettuato proprio in quell’anno) vivevano di agricoltura e pesca d’alto mare. A seguito però di un’imprevista applicazione di una norma denominata dei “capitolati” borbonici, Il 17 febbraio 1861 venivano mandati sull’Isola, come prigionieri di guerra, 280 ufficiali e ben «2000 uomini di truppa svariata» dell’esercito di Francesco II di Borbone, reduci dall’assedio di Gaeta. A costoro si aggiungevano i «soldati piemontesi» che fungevano da guardie carcerarie. L’assedio di Gaeta avvenuto tra il 5 novembre 1860 e il 13 febbraio 1861 fu uno degli ultimi fatti d’armi delle operazioni di conquista dell’Italia Meridionale nel corso del Risorgimento italiano. L’afflusso repentino di questa massa imponente di uomini, tale da raddoppiare la popolazione isolana, determinava così il sorgere di gravi problemi logistici e di approvvigionamento. L’arrivo dei capitolati di Gaeta rappresentò inoltre, già dai primi giorni, una vera e propria catastrofe per le magrissime casse municipali capresi. Le preoccupazioni della comunità locale emergono con evidenza dal carteggio fra il sindaco dell’epoca, Filippo Trama, l’intendente di Castellammare Gaetano de Roberto, il «Governatore (ossia il prefetto) della Provincia di Napoli» e il Dicastero dell’Interno e Polizia delle Province Napoletane. Il sindaco di Capri si rivolse con massima urgenza proprio al governatore della Provincia di Napoli, il 20 febbraio 1861, pregandolo dell’invio di quattro buoi e di scorte di riso per sopperire alle esigenze di rancio della massa dei soldati prigionieri di guerra; chiedendo inoltre con urgenza di ricevere ulteriori scorte di gallette e grasso, dal momento che quelle disponibili sull’isola sarebbero bastate per soli tre giorni. Il 26 febbraio successivo l’intendente di Castellammare scrive anch’egli al governatore della Provincia di Napoli: gli trasmette un rapporto del sindaco, il quale si dice allarmato a causa dell’ordine, indirizzato al Comando di Capri dalla Piazza di Napoli, di caricare integralmente sulle modestissime casse comunali il costo dell’alloggio degli ufficiali del disciolto esercito borbonico. Se così si facesse, prosegue lo scrivente, il municipio isolano resterebbe gravato da un esborso di svariate centinaia di ducati. Il sindaco, da parte sua dichiara di trovarsi in una posizione di terribile imbarazzo anche a fronte di precedenti leggi in vigore: «gli abitanti così per le meschinissime loro facoltà, come per il limitatissimo numero delle case non potendo, né dovendo alloggiare che soli 40 ufficiali di ogni grado nel solo periodo di giorni quindici, giusta l’articolo 1064 dell’ordinanza di Piazza». L’accorata protesta di Filippo Trama viene inoltrata il 28 febbraio dal governatore della Provincia di Napoli al consigliere di Luogotenenza del Dicastero dell’Interno. Il primo marzo l’intendente di Castellammare indirizza a sua volta al governatore una pressantissima comunicazione in cui viene trascritta un’altra rimostranza del sindaco caprese, pervenuta allo scrivente il giorno prima: «Tra le sventure cui oggi giace questa popolazione, non è minore quella del disastro, che sperimentasi ne’ fondi Rurali, tutto dì spogliati di pali, e di quanto è suscettibile per abitare la Truppa de’ Prigionieri di Gaeta a cuocersi la razione, che senza prest pecuniario, riceve cruda, e senza legna. Assordato da’ lamenti de’ Padroni de’ fondi da’ quali la truppa anzidetta strappa quanto può, son costretto anche su di questo argomento interporre la efficace di Lei cooperazione, onde diansi quei provvedimenti, che la imperiosa circostanza esigge, e reclama». Questa “invasione”, che ricorda a noi eventi molto più vicini in tema d’immigrazione fu in parte risolta con un intervento che, guarda caso, fu chiamato di “ristoro”! Il 12 maggio 1861 il Decurionato di Capri formula la proposta – poi approvata dal Dicastero dell’Interno e Polizia – di prelevare dal residuo di cassa disponibile del 1860 la somma di ducati 146.74, corrispondente alla spesa di ristoro «per la fornitura della paglia a terra ad alcuni soldati prigionieri di Gaeta inviati in quel Comune, e per gli alloggi in locanda ad alcuni Uffiziali della stessa truppa che non trovarono capienza nelle case dei privati». All’interno della deliberazione decurionale si specifica che gli esiti, ovvero le uscite delle casse comunali per i capitolati di Gaeta, ammontavano in totale a ducati 231.93, e che solo i suddetti ducati 146.74 si sarebbero dovuti considerare a totale carico del Municipio, mentre «del dippiù deve il Comune medesimo esserne rivaluto dal Ramo di Guerra” La situazione si normalizza solo qualche settimana più tardi, dopo che, difronte a tanti problemi, si dispone il trasferimento dei prigionieri. Come spesso succede però in queste cose c’è sempre chi ci guadagna e la documentazione elenca anche chi ottenne dei congrui contributi a seguito di spese documentate, come quella dal 17 febbraio al 9 marzo 1861 a favore del locandiere Adam Ross che aveva ospitato 61 ufficiali superiori, ricevendo un totale di 24 ducati e 40 grana di indennità, Michele Pagano che aveva accolto 13 ufficiali superiori e 59 subalterni, per complessivi 15 ducati e 70 grana; Giuseppe Bourgeois, futuro sindaco , a cui era toccato un solo ufficiale per tre giorni, corrispondenti a 75 grana d’indennità; e dodici carlini e cinque grana, invece, era la somma dovuta all’analfabeta Vittoria Mazzola, la quale aveva accolto un ufficiale per cinque giorni continui; come pure per Vincenzo Catuogno, «per alloggio in un solo giorno somministrato a due Uffiziali Prigionieri di Gaeta». Tutto potranno dire i nostri governanti, ma di quanto avviene in questi tempi risulta nulla di particolarmente nuovo…