Fonte: Metropolis
di Marco Milano
A Capri sequestrata una villa da cinque milioni di euro per bancarotta fraudolenta. Il provvedimento, eseguito da militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Benevento, è stato disposto nei confronti di una società operante nel settore immobiliare, e che comprende un immobile di particolare pregio sull’isola azzurra. La società già con sede ad Ariano Irpino nell’avellinese era stata successivamente trasferita a Benevento poco prima del suo fallimento, dichiarato dal Tribunale sannita. Il decreto di sequestro preventivo della prestigiosa villa caprese è stato emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Benevento per l’ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta e rientra nel quadro di indagini coordinate dai magistrati della Procura della Repubblica di Benevento, guidata da Aldo Policastro, e dalla messa in esecuzione dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Benevento. A carico degli indagati, secondo quanto emerge dalle attività, ci sarebbe «un grave quadro indiziario in relazione alle ipotesi di reato contestate di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale e per operazioni dolose». Secondo l’accusa i tre indagati avrebbero causato il fallimento della società immobiliare attraverso un sistema di operazioni finalizzate a sottrarre al patrimonio dell’impresa ed alla garanzia dei creditori la villa di Capri che secondo le stime del mercato del mattone toccherebbe la cifra di dieci miliardi delle vecchie lire. In questo senso, sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei tre indagati, tutti detentori di partecipazioni o cariche sociali nella società fallita e nelle ulteriori imprese che secondo l’accusa sarebbero collegate ed appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale familiare. Ci sarebbe nel quadro accusatorio una partecipazione, poi dismessa, in una seconda società appartenente allo stesso gruppo imprenditoriale. Ad essere contestate anche le scelte imprenditoriali della società fallita che sarebbero «state improntate alla costituzione, facendo nutrito ricorso al credito, di un patrimonio immobiliare rilevante e di pregio che, invece di essere messo efficacemente a reddito, anche al fine di rimborsare i finanziamenti ricevuti con gli interessi per il relativo acquisto, veniva destinato all’utilizzo da parte di altre società».