Fonte: sbircialanotizia.it
di Marta Galiano
Capri torna a respirare letteratura: l’edizione 2025 del Premio Malaparte ha incoronato lo scrittore spagnolo Fernando Aramburu , con una cerimonia intensa alla Certosa di San Giacomo e il sostegno, rinnovato per il quattordicesimo anno consecutivo, di Ferrarelle Società Benefit . Un’alleanza che difende un’isola e la sua memoria Ci sono sostegni che non si limitano a un logo sul programma: quello di Ferrarelle Società Benefit al Premio Malaparte è uno di questi. Da quattordici anni l’azienda è sponsor unico del riconoscimento, una scelta che il presidente della Fondazione Ferrarelle ETS e del FAI Campania , Michele Pontecorvo Ricciardi , ha definito un impegno concreto a tutela di Capri , oggi messa alla prova da un turismo spesso frettoloso. È un patto culturale che parla di responsabilità sociale e di cura del paesaggio, un modo di stare accanto a chi costruisce dialogo e conoscenza. Le dichiarazioni di Pontecorvo Ricciardi arrivano in apertura della rassegna e confermano la continuità di un investimento che tiene insieme impresa, territorio e comunità, come riportato dall’agenzia Adnkronos . Allo stesso tempo, l’appuntamento caprese ribadisce una vocazione: la cultura come presidio dell’identità dell’isola. Nelle parole del presidente della Fondazione, il sostegno al Malaparte non è un gesto episodico ma una linea d’azione che difende ‘cultura, paesaggio e comunità’, una triade che dà senso al vivere collettivo. A sottolineare la cornice civile dell’evento è stato ricordato anche il patrocinio morale del FAI , tassello simbolico di un percorso che fa della cura dei luoghi un fatto pubblico e condiviso. Nel fine settimana del 4 e 5 ottobre, la premiazione ha rinnovato questo patto nella sua sede più evocativa. Le posizioni espresse da Pontecorvo Ricciardi e il ruolo di Ferrarelle sono stati diffusi dall’agenzia Adnkronos e ripresi da testate nazionali; il riferimento al patrocinio morale del FAI è stato riportato dagli organi d’informazione locali che hanno seguito la cerimonia. La scelta della giuria e la cornice di una tradizione viva Il Premio Malaparte , nato nel 1983 da un’idea di Alberto Moravia e Graziella Lonardi Buontempo , ha costruito negli anni una reputazione che unisce prestigio, rigore e curiosità internazionale. Dopo una pausa, è tornato stabilmente a Capri dal 2012 e oggi prosegue la sua storia grazie alla curatela di Gabriella Buontempo e a una giuria che riunisce Leonardo Colombati , Giordano Bruno Guerri , Giuseppe Merlino , Silvio Perrella , Emanuele Trevi e Marina Valensise . È questa squadra ad aver
scelto Fernando Aramburu , consegnando il premio alla Certosa di San Giacomo domenica 5 ottobre, nella cornice di un fine settimana che ha previsto anche un incontro pubblico con l’autore. Sono dettagli organizzativi e storici confermati da agenzie nazionali. La Certosa di San Giacomo non è solo uno scenario: è un luogo che, per storia e silenzio, sembra contenere le voci della letteratura. Ogni anno il Malaparte vi torna quasi a rimarcare l’idea che paesaggio, patrimonio e racconto appartengano allo stesso respiro. La scelta della sede, coerente con la vocazione dell’isola, accosta l’intimità del romanzo alla grandezza dell’architettura: la premiazione dell’11 del mattino, con la lettura della motivazione e il discorso del vincitore, ha sigillato questo equilibrio tra forma e sostanza, tra ascolto e riflessione. Anche orari e format della cerimonia sono stati comunicati in anticipo e confermati nel calendario degli eventi capresi di ottobre. Aramburu, una voce europea che affida alla memoria la sua forza Con Patria (2016), Fernando Aramburu ha dato alla narrativa europea un romanzo capace di guardare in faccia le ferite dei Paesi Baschi , senza cedere al manicheismo. Quel libro ha ricevuto il Premio Nacional de Narrativa 2017 in Spagna e, l’anno successivo, il Premio Strega Europeo a Torino; è stato tradotto in oltre trenta lingue e ha ispirato l’omonima serie HBO , uscita nel 2020. La traiettoria di riconoscimenti e adattamenti racconta, da sola, la risonanza internazionale di un’opera che ha saputo parlare a lettori di paesi e culture differenti. La carriera recente di Aramburu conferma una coerenza d’indagine tematica e stilistica. In I rondoni (2021) lo sguardo si fa interiore, scende nelle pieghe di un’esistenza al
limite, ribadendo l’idea che la letteratura sappia tenere insieme disincanto e resistenza. Con Il bambino (2024), ambientato in una comunità segnata da una tragedia scolastica, lo scrittore torna a interrogare memoria , identità e riconciliazione , restituendo al pubblico una narrazione che prova a fare i conti con il dolore e a trasformarlo in consapevolezza. Uscite, temi e presentazioni pubbliche dei due romanzi sono stati annunciati e raccontati dalle principali agenzie. Il discorso interiore di un autore e l’antidoto della letteratura Nell’accettare il riconoscimento, Aramburu ha richiamato l’idea di una verità non assoluta ma personale, ‘piccola, fragile, umile’ , alla quale restare fedeli come a un patto giovanile: una promessa di autenticità che attraversa il tempo e chiede alla scrittura di farsi spazio onesto per ciò che abita l’autore. In questa prospettiva, la letteratura non pretende sentenze ma cerca un’espressione limpida, capace di ammettere anche l’errore, e proprio per questo di restare umana. È una riflessione che illumina l’opera di Aramburu come un filo che tiene insieme biografia e sguardo sul mondo. Durante gli incontri capresi, lo scrittore ha ricordato come arte e memoria siano strumenti di cura civile: la prima come argine alla
brutalità, la seconda come archivio condiviso per non disperdere ciò che siamo. È un modo concreto di stare nelle storie, senza rimuovere le contraddizioni del presente. Il senso di questa postura è arrivato chiaro al pubblico e ha rafforzato il valore del Malaparte come momento di confronto: non solo premio a un singolo autore, ma celebrazione di un’idea esigente di cultura. Le parole dell’autore sono state riportate dalle cronache di agenzia. Una trama di luoghi, persone e responsabilità Se il Malaparte continua a dettare il passo, è perché tiene insieme molti piani: la cura del luogo, l’autorevolezza della selezione, la qualità della discussione pubblica. A Capri, la presenza di Ferrarelle Società Benefit non si limita a sostenere l’evento: diventa messaggio, assumendo la cultura come bene
comune e antidoto alla semplificazione. Così, nella Certosa di San Giacomo , l’incontro tra autori e lettori è sembrato un rito civile: un invito a difendere tempo, ascolto e complessità. Sulla cronaca e i passaggi chiave dell’edizione 2025, l’agenzia Adnkronos è stata riferimento primario, con riscontri anche dalle principali agenzie nazionali. La dinamica della scelta conferma la maturità di un premio che, dagli anni Ottanta a oggi, ha rimesso sempre al centro la responsabilità
dello sguardo letterario. La giuria guidata dalla curatrice Gabriella Buontempo ha cercato, parole sue, voci capaci di empatia e umanità, prosatori che sappiano restituire la densità dell’esperienza senza sacrificare la chiarezza. A Fernando Aramburu si è chiesto esattamente questo: di continuare a cercare la verità possibile delle vite, quella che si affida alla precisione della lingua più che al clamore dei proclami. L’impostazione del premio e le dichiarazioni della curatrice sono state riportate nelle cronache di agenzia. Domande lampo, risposte in tasca Chi ha vinto il Premio Malaparte 2025? Lo scrittore spagnolo Fernando Aramburu , autore di Patria. Quando e dove si è svolta la cerimonia? Domenica 5 ottobre 2025, alla Certosa di San Giacomo di Capri , dopo gli appuntamenti pubblici del giorno precedente. Chi sostiene il premio da più tempo? Ferrarelle Società Benefit , sponsor unico da quattordici anni, attraverso la Fondazione Ferrarelle ETS . Perché Aramburu è così significativo? Perché con Patria ha raccontato le ferite dei Paesi Baschi, vincendo il Premio Nacional de Narrativa 2017 e lo Strega Europeo 2018, con traduzioni in oltre trenta lingue e una serie HBO . Quali sono i suoi lavori più recenti? I rondoni (2021) e Il bambino (2024), due romanzi che tornano su memoria, identità e riconciliazione. Una conclusione che guarda oltre la premiazione Quello che abbiamo visto a Capri non è solo il trionfo di un autore: è la prova che la letteratura, quando trova luoghi e comunità capaci di ascoltarla, può ancora aprire spazi di riconoscimento reciproco. In un tempo che chiede risposte immediate, il Premio Malaparte ha scelto la via più esigente: coltivare domande, restituire la complessità dei vissuti, lasciare che l’eco delle parole cambi la qualità del nostro sguardo. È la strada che riconosciamo come nostra: un giornalismo che scava, verifica, e rimette al centro il valore degli atti culturali. Le informazioni e le dichiarazioni qui riportate provengono in via primaria dall’agenzia Adnkronos , con conferme e dettagli da ANSA . La sensazione, lasciando la Certosa , è quella di una comunità che si riconosce: nella sobrietà di un luogo che parla sottovoce, nell’impegno di un’azienda che sceglie la cultura come responsabilità, nell’opera di uno scrittore che difende la verità minima ma necessaria delle vite. È qui che, come redazione, mettiamo la nostra firma: nel raccontare ciò che resta quando le luci si spengono, quando i libri tornano sul comodino e la città, per una volta, si concede il lusso di fermarsi ad ascoltare.


















