Fonte: Metropolis
di Marco Milano
Far rivivere i Faraglioni di Capri e la sua biodiversità. È questa la mission del
progetto che gli algologi dell’Università di Trieste – Conisma (Consorzio nazionale
interuniversitario per le scienze del mare) stanno portando avanti come chiesto dal Comune
di Capri e dall’assessore alla tutela del mare e all’istituzione dell’area Marina protetta Paola
Mazzina. Proprio la Mazzina in prima linea nella battaglia a difesa delle acque isolane aveva
lanciato l’iniziativa con l’obiettivo di ripristinare la biodiversità dei Faraglioni di Capri. Le
sentinelle rocciose più famose del mondo infatti si presentano in sofferenza dopo la
cosiddetta desertificazione, un’azione selvaggia provocata dalla pesca illegale del dattero di
mare. Il team di algologi dell’Università di Trieste – Conisma (Consorzio nazionale
interuniversitario per le scienze del mare), dunque, è sbarcato nel Golfo di Napoli per
avviare una vera e propria opera di restauro ecologico di quelle che sono state definite le
“foreste marine”. I protagonisti della mission caprese hanno fatto già parte della squadra di
coordinamento del progetto europeo Roc-PopLife* che ha portato al ripopolamento delle
foreste marine nelle aree protette delle Cinque Terre e di Miramare. “A Trieste – ha spiegato
Annalisa Falace, docente di Algologia dell’ateneo e referente scientifico del progetto
‘Ripristino ambientale dei faraglioni di Capri’ che come detto è stato voluto e finanziato dal
Comune di Capri – abbiamo iniziato 15 anni fa a occuparci del restauro ecologico di un’alga
bruna che colonizza i fondali del Mediterraneo formando foreste ricche di biodiversità, capaci
di produrre ossigeno e abbattere la CO2. Negli anni abbiamo sviluppato e testato metodi di
coltura di queste alghe per riforestare le aree desertificate in modo eco-sostenibile”. Il
cronoprogramma della squadra speciale chiamata a salvare i Faraglioni prevede prima di
tutto di accelerare il processo di mitigazione del danno ambientale causato dalla pesca
illegale. Ma non solo. La strategia messa in campo avrà una specifica fase dedicata alla
tutela ed alla conservazione delle foreste marine, arginando in tutti i modi il concreto pericolo
di estinzione. “A Capri – ha aggiunto ancora Annalisa Falace – stiamo lavorando su
popolamenti superficiali e profondi oltre i 40 metri, utilizzando per la prima volta anche altri
approcci innovativi recentemente sviluppati dal nostro gruppo di ricerca, perché l’intervento
di ripristino abbia la massima efficacia con il minimo impatto sui Faraglioni, che
rappresentano un ambiente estremamente delicato e di pregio non solo dal punto di vista
biologico ed ecologico ma anche paesaggistico”. Un restyling a tutti gli effetti attraverso un
metodo originale e innovativo. Come illustrato dagli esperti dell’ateneo, infatti, si tratta di
“produzione in acquari di nuove ‘plantule’ da reintrodurre in ambiente marino, senza
danneggiare i siti donatori”. Il mese di maggio si è aperto con la prima fase dell’operazione
dedicata alla “caratterizzazione tassonomica delle foreste marine capresi individuando i siti
maggiormente danneggiati dalla pesca di frodo e più idonei al restauro ecologico”. A seguire
il secondo step in calendario a giugno e luglio con l’intervento di riforestazione.