Fonte: Il Mattino
di Federico Vacalebre
Smise nel 1974, Ettore Falconieri, per tutti Bebè, scomparso l’ altro ieri sera nella sua Capri, a 85 anni: «L’ avevo promesso a me stesso: a 40 anni dico addio, non mi va di fare l’ orsacchiotto con la batteria». Smise nel 1974, eppure ancora oggi il ricordo dei suoi anni ruggenti è stampato forte e chiaro nella storia della canzone italiana. Bebè fu il batterista di Peppino Di Capri, era al suo fianco al primissimo debutto come Capri Boys, dal 56 nel Duo Caprese.
Era alla guida dei Rockers negli anni del successo strepitoso, era al suo fianco nel tour in cui fecero da supporter ai Beatles. Era con i New Rockers quando le cose iniziarono ad andare un po’ meno bene, poi… smise, non voleva fare l’ orsacchiotto con la batteria, si occupò di affari, di panna spray, da allora non ha suonato più, fece eccezione solo una voltra per Carlo Loffredo, su una nave in Germania, «ma ero arrugginito», disse.
L’ incontro del destino, naturalmente, avvenne a Capri: «Peppino era un ragazzino, io avevo 5 anni più di lui, si era invaghito di un’ americana e gli diedi le chiavi della mia garçonnière, ribattezzata Banana room. Il mio gozzo si chiamava Banana boat, tanto per capire lo spirito di quegli anni», raccontò a Pietro Gargano. «Lui già si esibiva al Number Two, il locale di suo zio, come sostituto di Mario Perrone.
Aveva un batterista, che però era un violinista, appena si alzava per fumare io mi sedevo alla batteria e, anche se ero autodidatta, la suonavo comunque meglio di lui. Successe che Peppone Della Schiava, figlio di un editore, ricchissimo, chiese al proprietario del Gatto Bianco di tenere aperto il locale d’ autunno solo per lui e i suoi amici vip. Il tipo accettò, ma non aveva musicisti sotto contratto, l’ orchestra si diceva allora. Gli dissero di chiamare Peppino, Peppino chiamò me. Ma non avevo la batteria. La comprammo a Napoli, via San Sebastiano, con i soldi della nonna. Ed ecco a voi i Capri Boys».
Peppino e Bebè debuttarono insieme in tv, insieme diedero vita ai Rockers, il primo gruppo rock italiano: «Suonavamo a Roma, in via Veneto, passò un ragazzo con la chitarra, Mario Cenci di Perugia, e fu preso. Come Pino Amenta, contrabbassista di conservatorio, il sassofonista Lello Arzilli, ex stagnino, il romano Gabriele Varano, figlio di un prefetto. Guadagnavamo 10.000 lire ciascuno a sera. Era il 1957, venne a sentirci un dirigente della Carish, arrivò il contratto discografico e i guadagni si moltiplicarono con i successi. Il tempo di rumba-rock per Malatia spuntò perché avevo una batteria nuova con due campanacci. Eravamo dieci anni avanti agli altri. Ma allora nei dischi ci doveva essere il nome del cantante, così nacque Peppino Di Capri e i suoi Rockers, ma avevamo creato una società di fatto, a lui il 40 per cento, noi ci dividevamo il 60. Dopo una decina d’ anni le quote passarono a 50 e 50».
Importarono il twist e lo ska, si trovarono un look (occhiali alla Buddy Holly, giacche di lamè, calzini trasparenti) prima ancora che si usasse la parola, aggiunsero brio alla canzone napoletana da figli putativi del mito Carosone. Erano pagati il doppio di Bruno Martino, più di Mina e di Celentano. Girarono il mondo, la Carnegie Hall di New York, l’ Olympia di Parigi, a Teheran per lo scià Reza Pahlevi che gli chiese di suonare «Roberta», mentre Farah Diba preferì «Malatia» e «Nun chiagnere».
