Io canterò di te, verde Anacapri
dirò di quel silenzio che ti chiude
come una veste; canterò la pace
che in te fluisce come fosse sangue,
l’oro della ginestra che incorona la montagna,
dell’elce e del carrubo che fan sì grata l’ora del meriggio
Questi versi iniziali di una bellissima lirica della poetessa -giornalista Alma Siracusa Vuotto, che troviamo incisi su una stele rocciosa sul viale Axel Munthe di Anacapri, ci permettono di affrontare il primo Capri Focus del mese per parlare dell’ associazione L’Oro di Capri. L’associazione è partita proprio dalla verde Anacapri ponendosi l’ obiettivo di recuperare e ripristinare gli oliveti dismessi e abbandonati dell’ isola.
La produzione dell’olio sull’intera isola, ha costituito per centina di anni una pratica che rivestiva un settore trainante dell’economia isolana. In particolare, Anacapri, era uno dei luoghi più floridi dell’isola per la produzione di olio, soprattutto le vallate di Mesola e della Migliera. Su tutta Capri l’attività dei frantoi era frenetica: solo ad Anacapri c’erano più di 10 macine.
Con l’avvento di un’economia dedicata al turismo molti frantoi chiusero i battenti e gli oliveti vennero abbandonati. Per molti anni interi terreni e coltivazioni di olivi furono lasciati incolti e non si è più prodotto olio a Capri. L’associazione L’Oro di Capri, dunque, proprio per promuovere una gestione del territorio bio-sostenibile e attenta alla natura e all’ambiente ha deciso di dare nuova linfa ad una tradizione che ha svolto un ruolo così importante sia in termini economici, sociali che paesaggistici per l’intera comunità isolana.
L’associazione si avvale della presidenza onoraria di Gianfranco D’Amato e della presidenza esecutiva di Pierluigi Della Femina. Il nucleo associativo convoglia una serie di appassionati ed esperti, animati dall’amore per l’agricoltura e per l’isola che hanno sentito la necessità di recuperare le storiche tradizioni capresi legate alla coltivazione dell’olivo.

Ne parliamo con uno degli esperti dell’associazione, coordinatore dei progetti di recupero delle piante, il dott. Carlo A. Lelj Garolla, dottore in agraria, tra i soci fondatori del nuovo sodalizio locale che si è posto come primo obiettivo il recupero delle antiche tradizioni agricole isolane con un occhio di riguardo all’olivicoltura.
Da cosa nasce il bisogno di costituire un’associazione per il recupero della coltivazione degli ulivi sull’isola?
In primis nasce dal bisogno di riscoprire e tutelare il paesaggio. L’associazione convoglia una serie di appassionati motivati dall’intento di recuperare il contatto con la terra e con la tradizione della coltivazione delle olive, un modo per tutelare il paesaggio e il terreno dall’abbandono. Il motivo fondante dell’associazione è creare una rete di coltivatori animati dalla passione comune per la coltivazione dell’olivo, volta al recupero di un prodotto come l’olio caprese senza fini economici e commerciali ma semplicemente per l’autoconsumo.
Qual è il suo ruolo all’interno dell’associazione? Che tipo di supporto fornisce l’associazione ai suoi iscritti?
Sono uno dei consiglieri dell’associazione tra i soci fondatori. Il mio ruolo è dare dei consigli tecnici e pratici e spesso coordino le varie voci dell’associazione, mi faccio portavoce dei membri. L’associazione fornisce tutta una serie di assistenze tecniche, l’accesso all’utilizzo di macchinari per la raccolta, la possibilità di acquistare prodotti, concimi a prezzi agevolati, una marcata attenzione alla bio-sostenibilità e quindi l’utilizzo di materiali anti patogeni e fungini e contro la mosca che rispettino la flora e non di impatto chimico-distruttivo per il terreno.
Quale tipo di olio si produce e che tipologia di olivi si coltivano sull’isola? Quali sono le zone dell’isola a più intesa coltivazione?
E’ tutto olio extravergine di oliva di alta qualità. Non abbiamo ancora certificazioni dop o doc perché si tratta di controlli che si effettuano solo per produzioni di scala maggiore e comportano un lungo iter burocratico. La tipologia di olivi è per lo più Ogliarola, la varietà si chiama Minucciola e le zone maggiormente interessate sono quelle a ridosso dei Fortini nella fascia di costa che va dalla Grotta Azzurra al Faro tra Mesola, Pino, Orrico e l’area costiera che va a ridosso dell’Hotel Caesar Augustus fino alla Grotta Azzurra.
Quando viene prodotto l’olio? Quante persone sono coinvolte? Quali sono i tempi stagionali di maggiore attività?
Il momento di attività maggiore avviene durante la raccolta che in genere si effettua tra fine settembre e inizio ottobre, questi tempi, a seconda della stagione e dei trattamenti sulle piante, possono variare leggermente.
La cura degli ulivi avviene durante tutto l’anno: c’è un processo di potatura e concimazione che va da dicembre a febbraio, durante l’arco primaverile-estivo apportiamo un ciclo di trattamenti alle piante contro i parassiti e gli agenti patogeni, in particolare effettuiamo il monitoraggio della mosca che può avere ripercussioni sulla resa dell’olio. I soci coinvolti in tutto questo processo sono circa una ventina e gli ettari interessati finora sono meno di venti.
Uno degli obiettivi dell’associazione è proprio rendere collaborativa questa rete di produttori con le stesse tecniche di cura del terreno e delle piantagioni proprio perché così si evita che le coltivazioni vengano abbandonate e si può ottenere una resa dell’olio sempre più sicura e di migliore qualità.
Nel primo anno di raccolta, il 2014, la resa è stata scarsa, siamo riusciti a ricavare poco quantitativo di olio e la qualità era molto bassa, tanto che abbiamo dovuto buttarlo. L’ultimo anno invece, il 2015, ci ha dato una resa di ottima qualità, è stato un anno proficuo per l’olio in tutta Italia, ovviamente il quantitativo prodotto è stato moderato, destinato per ora solo all’autoconsumo, data l’esiguità delle terre coinvolte.
L’Olio non viene imbottigliato sull’isola perché non esistono più frantoi, c’è un progetto di recupero di frantoi preesistenti e se si dove?
Si per il processo di trasformazione in olio, le olive vengono portate in un frantoio a Massa Lubrense. Per ora non c’è un progetto di fattibilità per il recupero di un frantoio a Capri, ovviamente qualora dovesse presentarsi la possibilità di ricreare un frantoio sull’isola, una volta che la produzione dovesse diventare maggiore, credo per ragioni logistiche la scelta ricadrebbe su Anacapri.
Tali operazioni di cura del terreno e delle piantagioni hanno sicuramente un impatto sul paesaggio, come si pone l’associazione rispetto a questa criticità?
L’intento dell’associazione è chiaramente quello di dare più spazio agli ulivi all’interno della macchia mediterranea ma ovviamente questo non significa distruggere la macchia spontanea fatta di mirto, lentisco, ginepro etc… ma anzi preservarla all’interno di un panorama che vede l’olivo come elemento centrale mantenendo le varietà spontanee all’interno di questo paesaggio. Le caratteristiche organolettiche stesse dell’olio che produciamo sono ottenute grazie alla presenza della macchia, che è parte integrante del paesaggio. Le operazioni svolte dai membri dell’associazione sono volte a ripulire quello che infesta la macchia stessa, si elimina così quello stato di incuria ed abbandono. Nel fare ciò attuiamo anche un lavoro di ripristino di alcune strutture che mettono in sicurezza le piantagioni e la terra, come piccoli muretti a secco, proprio per evitare frane e smottamenti del terreno.
Mariano Della Corte
mdellacorte@capirpress.com