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La Lettura della Domenica di Luigi Lembo – Mastrilli e parate: la guerra delle quaglie

di Redazione
12 Dicembre 2021
in Cultura, Events
Tempo di lettura: 3 minuti
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Seggiovia Monte Solaro

di Luigi Lembo

La caccia è stata da sempre una delle principali voci della sempre povera economia isolana;  non a caso già nella prima metà del Seicento il principale introito che otteneva la chiesa locale era legato al tributo sulle quaglie tale dal far soprannominare il reggente della diocesi caprese come il “vescovo delle quaglie”.  Le quaglie, uccelli tipicamente migratori, avevano la sfortuna di passare su Capri due volte l’anno, a settembre ed a ottobre, periodo in cui ben nutrite e grassoccie andavano a svernare in Africa, e in aprile e maggio quando ripassavano per risalire verso il Nord Europa.  Per lo più la cattura avveniva a stormi, insieme a tordi, tortore e beccaccie, con il sistema delle reti che venivano stese ovunque fosse possibile. Le reti erano quelle stesse utilizzate per la pesca  denominate “schiavichielli” utilizzate di solito per la pesca a strascico e chi effettuava solitamente tale attività veniva soprannominato “quaglino” che divenne poi soprannome ancor oggi utilizzato per indicare alcuni nuclei familiari locali. I luoghi di transito principali  delle quaglie erano la zona delle Parate e il promontorio di Trasete, vicino a Palazzo a Mare, le cui radici etimologiche derivano proprio da questa periodica migrazione. Hadrawa racconta di un evento accaduto alla fine del 1700 con 12.000 quaglie prese in un solo giorno e di 150.000 catturate in un sol passaggio. Un secolo dopo, secondo Maxime Du Camp l’incetta variava tra i 40.000 e i 70.000 capi ad ogni passaggio.  Questa “manna dal cielo” non serviva solo a nutrire gli abitanti ma creò anche un mercato con la terraferma oltre, come detto, a pagare i tributi alla Chiesa. La tecnica vincente era quella di mettere delle quaglie accecate vicino ai pali perché queste con i loro lamenti attirassero nelle reti le nuove arrivate. Per il fatto che poi,molte di loro, si posassero per riposarsi a terra, venivano catturate con reti a mano da cacciatori accompagnati da cagnolini volutamente affamati affinché le stanassero dai loro nascondigli oppure utilizzando i cosiddetti “mastrilli” delle gabbie con richiamo per catturare la preda viva. Anche il Re Ferdinando IV soprannominato Re Nasone fu incuriosito da questa particolare e abbondante caccia e venne sull’Isola più volte per cacciare quaglie e pernici. La situazione  però cambiò in parte con l’avvento sull’Isola di Axel Munthe che aborriva questa attività. Proprio nella prefazione dell’edizione italiana del suo libro “la Storia di S Michele” formulò l’augurio che la sua campagna contro la caccia agli uccelli, con reti e con fucile, avesse successo. Fu proprio il Duce, durante una seduta del Gran Consiglio ad esser sollecitato dall’economista De Stefani che era stato a Capri nel settembre del 32, a emettere un decreto che vietasse la caccia sull’Isola. Non a caso infatti, proprio in quel periodo Axel Munthe aveva donato la Torre Medioevale di Damecuta allo Stato e la cosa fu interpretata come un atto dovuto. La decisione naturalmente non fu presa con molto piacere dai  cacciatori capresi che vedevano proprio in Axel Munthe colui che aveva creato il problema. Ci furono così dei veri e propri atti di rappresaglia, denunciati dal medico svedese, come l’avvelenamento del suo cane e persino di quello della Regina di Svezia che abitava la Casa Caprile ad Anacapri.  Addirittura furono sparati colpi di scoppetta verso l’abitazione del medico ferendo un suo giardiniere e perfino alla finestra della stanza dove c’era il suo amico Garrett, ambasciatore degli Stati Uniti.  E nonostante che, come spesso accadeva, la querelle ebbe una vasta eco sulla stampa anche straniera (Dal Times all’Intransiegeant oltre che naturalmente a molti giornali svedesi) schierata fianco del decreto e della tutela degli uccelli in transito sull’Isola, ben poco cambiò. Il risultato che negli anni a venire fu sostanzialmente solo la volontà degli uccelli,  come mi riferisce un mio amico cacciatore,  che nel tempo hanno cambiato rotta a rendere poco soddisfacente l’attività venatoria e a far scomparire quasi del tutto l’attività sull’Isola negli ultimi anni.

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